LA
SINISTRA COSTRETTA A GOVERNARE
Riflessioni
sulle elezioni regionali in Emilia - Romagna
Sono
uscito dal PD da alcuni anni, perché avevo capito che il progetto originario,
per il quale mi ero speso e nel quale ho creduto fortemente, aveva fallito e
che l’obiettivo prioritario era tornato ad essere quello dell’unità di tutta la
sinistra, obiettivo più che legittimo, ma che non mi appassionava, non essendo
io mai stato di sinistra.
Con
queste elezioni regionali il PD è arrivato molto vicino a quell’obiettivo e, a
parte qualche rarissima eccezione, anche tutti i suoi principali esponenti
oggi, in barba agli annunci sul fatto di essere un partito aperto, inclusivo,
ecc., ecc., sono convintamente e fieramente di sinistra. Con buona pace anche
dei cattolici che, basta vedere qui a Ravenna, sono stati neutralizzati.
Eppure,
a queste regionali, ho votato per il PD.
Del
resto non c’era alternativa, visto che in mano a Renzi e Calenda il progetto
del polo riformista si è sbriciolato (e da amici/nemici continuano a combatterlo
strenuamente per tornaconto loro e dei loro pochi sodali) e la destra non ce la
può fare. Ma capisco quei molti che a votare non ci sono andati.
Quella
di Elena Ugolini era una buona candidatura, con premesse interessanti, non
tanto per aspirare ad una vittoria, ma per aggiungere al dibattito politico
contenuti che purtroppo sono mancati.
Il
problema, però, non sono i candidati civici, come qualcuno sostiene nella destra,
più che altro sorprende la scelta, forse imposta dai partiti, perché altrimenti
non si spiegherebbe visto l’esperienza della candidata, di puntare ancora sulla
solita cantilena del “regime degli incapaci” di cui veramente non se ne può
più.
Se fosse così, tra l’altro, cosa dovremmo pensare, ad
esempio, della Liguria o della Lombardia, dove sono stati confermati, nel primo
caso, una coalizione il cui leader ha patteggiato per corruzione impropria e finanziamento illecito, nel
secondo, un Presidente che aveva parlato del COVID come di una semplice
influenza e che ha visto crollare il sistema sanitario regionale sotto i colpi
della pandemia? Forse, in Emilia – Romagna i cittadini sono tutti burattini, mentre
in Liguria e Lombardia invece sono tutti geni? La cosa sta diventando veramente
ridicola ed è un peccato che un profilo come Elena Ugolini sia stata
risucchiata in questo gorgo, dove si è dissolto anche tutto quello che di
interessante avrebbe potuto dire.
Senza parlare delle alluvioni: forse in Emilia – Romagna gli
amministratori di centro sinistra sono colpevoli di non avere fatto nulla e
devono avere sulla coscienza i danni provocati dal cambiamento climatico, mentre
in Calabria, in Sicilia, in Liguria, in Piemonte è stata sfortuna, perché lì
gli amministratori di destra sono bravissimi?
Anche
se oggi tocca da vicino l’Emilia - Romagna, la questione va ricondotta in tutta
Italia alla totale mancanza, in politica, della cultura della prevenzione, alla
confusione tra le competenze degli enti interessati e al mancato coordinamento
tra loro, così come anche alla farraginosità delle leggi fatte dalla destra e
dalla sinistra che non solo bloccano molti interventi, ma causano anche un
ingente spreco di risorse e ritardi incomprensibili. Un solo Governo, di recente, aveva creato una
struttura ad hoc per programmare interventi preventivi con una sua dotazione
finanziaria, mentre i Governi successivi, con la destra e con la sinistra,
l’hanno smantellata perché quei soldi servivano per il reddito di cittadinanza,
il 110%, per finanziare i condoni fiscali, gli inutili centri di accoglienza in
Albania o interventi spot solo di carattere elettorale.
Qualcuno
si è opposto a questa scelta? Alzi la mano chi in questi ultimi anni, ad
esempio, in Emilia - Romagna, ha votato sulla base di quello che i partiti
dicevano su come affrontare il tema del dissesto idrogeologico nel nostro
paese. Cosa ha detto la destra, prima della campagna elettorale di quest’anno,
sul tema del dissesto idrogeologico? Basta andare a leggersi la lettera di
Lucia Borgonzoni ai concittadini con i punti salienti del suo programma come
candidata Presidente della destra alle elezioni regionali del 2020 e la
risposta viene da sé: nulla.
Ecco, pensare che in Emilia – Romagna gli elettori abbiano gli anelli al
naso, penso sia stata una strategia perdente. Del resto, più è alto il numero
degli astenuti, maggiore è il fallimento prima di tutto di chi si propone come
alternativa al passato e così è successo.
La
maggioranza degli elettori della Regione si è ormai stufata di essere trattata dalla
destra come burattini mossi dai fili del regime. Per questo in parte votano la
sinistra, che è più affidabile e ha cultura di governo, e in parte stanno a
casa e la destra rimane residuale.
Tra
questi cittadini ci sono anche imprenditori, uomini di ricerca, innovazione,
cambiamento che forse vorrebbero di più, ma che per lo meno hanno trovato in
questa Regione più opportunità che vincoli, che pure sono ancora molti
Basterebbe
leggere questo articolo apparso di recente sul Corriere del Veneto per intuire cosa
sia successo in questi anni in Emilia – Romagna, senza dubbio grazie anche al
contributo della Regione. Detto anche da chi le cose le vede da fuori (dal
Veneto!!) e che non risparmia critiche neppure a Milano e alla Lombardia, sulla
poca qualità del loro sviluppo.
Certo,
il merito principale è stato del nostro sistema produttivo, ma chi nega che il
pubblico e la Regione, in particolare, abbiano avuto ruolo, qui forse più che
in altre regioni, offende la sua stessa intelligenza.
Ho
lavorato quasi 30 anni a Bologna e a stretto contatto con questa Regione che
conosco bene, come conosco bene risorse e criticità. Ho conosciuto la passione
di molti suoi assessori e la grande competenza e professionalità soprattutto
dei suoi dirigenti, con molti dei quali ho avuto l’onore di collaborare. Anche
se ci sono cose da cambiare, da migliorare.
Tante
cose si sarebbero potute dire sul tema della semplificazione burocratica, della
transizione educativa e il sistema di istruzione e formazione professionale,
sulle dinamiche del mondo del lavoro, sul welfare che va ripensato, sul
monitoraggio nell’attuazione sulla valutazione dei risultati delle politiche
regionali, invece di puntare tutto sul “regime” e sulle alluvioni.
Insomma,
un’altra occasione persa dalla destra, un’altra occasione persa dalla
democrazia che vede la sinistra costretta, non senza difficoltà, ad auto
migliorarsi, a cercare in sé stessa risorse e idee per innovare, per
assecondare l’ineludibile cambiamento, a pensare in che modo modificare
relazioni con i territori e le parti sociali che lei stessa ha creato in questi
anni, ma che non sono più idonee per stare in quel cambiamento. Non sarà
facile.
In
bocca al lupo Michele, in bocca al lupo al PD e alla sinistra “costretta” a
governare. Ancora.